Perché ho firmato la petizione #VapingIsNotTobacco

Da qualche mese è stata avviata l’iniziativa dei cittadini europei (ICE) Vaping is not tobacco e, alquanto inaspettatamente, il pubblico degli svapatori si è spaccato tra chi la sostiene e chi no. Io ho deciso di sostenerla e in questo articolo spiego il perché.

L’ICE è uno strumento di democrazia partecipativa che consente ai cittadini di proporre modifiche legislative concrete in qualsiasi settore in cui la Commissione europea abbia facoltà di proporre un atto legislativo, ad esempio l’ambiente, l’agricoltura, l’energia, i trasporti o il commercio. Un’ICE consente a cittadini di diversi Stati membri di riunirsi intorno a un tema che sta loro a cuore allo scopo di influire sull’elaborazione delle politiche dell’UE. Le ICE sono strumenti molto più efficaci delle forme di espressione informali, in quanto la Commissione europea ha il preciso dovere di prenderle in considerazione.

Perché le ICE possano essere garanzia di una reale espressione della volontà del cittadino, è necessario che i sottoscrittori vengano identificati in modo univoco attraverso un documento di identità. Questa procedura è comune a tutte le ICE, in quanto gli organi di controllo istituzionali devono poter verificare che il cittadino che le sottoscrive sia una persona reale e che non lo faccia più volte sotto falso nome, cosa possibile in altre forme di espressione, come quelle proposte dal sito Change.org, in cui il documento di identità non è richiesto e si può accedere alla sottoscrizione anche attraverso più social account aperti con nomi di fantasia.

Ciò detto, alcuni tra coloro che non hanno scelto di sottoscrivere l’ICE temono che i loro dati personali possano essere utilizzati per scopi diversi. Addirittura, c’è chi in post su Facebook ha avanzato l’ipotesi che i dati registrati potrebbero essere riciclati dalle Big Tobacco per scopi commerciali.
Questo è illegale e impossibile. Quando si avvia una ICE, i dati personali possono circolare esclusivamente tra gli organi istituzionali competenti. I sistemi informatici d’appoggio (server e software per la raccolta dei dati) devono essere certificati, protetti e sicuri e possono dialogare esclusivamente con questi organi. Mai con terze parti.
La raccolta manuale delle sottoscrizioni deve offrire le stesse garanzie, in quanto deve essere incaricato un titolare del trattamento dei dati personali (data controller) che deve farsi garante della raccolta, custodia e trasmissione dei dati e che ne risponde penalmente.
Se vi è capitato di sottoscrivere una vera petizione o una lista elettorale o la proposta di un referendum popolare, ricorderete di aver dovuto fornire le vostre generalità e gli estremi di un documento d’identità valido. L’ICE funziona nello stesso identico modo e l’inasprimento delle norme che regolamentano la privacy, attraverso il GDPR, dovrebbe essere un’ulteriore fonte di garanzia e tranquillità.

Quando mi sono posto di fronte alla scelta se firmare o non firmare l’ICE, sono andato a documentarmi e, come prima cosa, sono andato a leggerne la descrizione nel Registro Ufficiale delle ICE, pubblicato dalla Commissione europea nella sezione Diritto d’iniziativa dei cittadini europei.

Il titolo dell’ICE è “Vogliamo una regolamentazione più intelligente delle sigarette elettroniche!”. La premessa promette bene, perché desidero la stessa cosa, e sono andato avanti nella lettura.

Titolo esteso dell’ICE nota con lo slogan “Vaping Is Not Tobacco”

L’oggetto dice “Chiediamo alla Commissione europea di abrogare l’articolo 20 della direttiva 2014/40/UE e di elaborare una normativa su misura che distingua chiaramente i prodotti del fumo elettronico da quelli del tabacco e dai prodotti farmaceutici”.
L’articolo in questione, che inquadra la sigaretta elettronica ed i contenitori contenenti nicotina tra i prodotti derivati del tabacco, contiene, sì, concetti condivisibili, ma anche altri privi di alcun senso. L’errore più grossolano, per esempio, è che assimila la sigaretta elettronica ed i liquidi contenenti nicotina ai prodotti derivati del tabacco e tanto basterebbe a legittimarne la richiesta di abrogazione e l’inquadramento di questi prodotti in una normativa ad hoc.

Non capisco i timori di taluni che parlano della possibilità di generare pericolosi buchi normativi. L’oggetto dell’ICE è chiaro: si chiede di rimuovere la sigaretta elettronica dai prodotti derivati del tabacco, ponendoli, nel contempo, sotto una normativa separata, sia dall’argomento tabacco, che da quello dei prodotti farmaceutici, come cerotti, spray, gomme da masticare ed altri farmaci alla nicotina. Una richiesta di questo tipo è normalmente soddisfatta da una direttiva nuova e dalla contestuale abrogazione della normativa pregressa.

Scendendo negli obiettivi principali, si legge “Abrogare l’articolo 20 della direttiva 2014/40/UE e sostituirlo con una normativa su misura, basata su prove scientifiche, in linea con il funzionamento del mercato interno, che distingua i prodotti del fumo elettronico dai prodotti del tabacco e dai prodotti farmaceutici; garantire una nuova legislazione basata sul rispetto obbligatorio di norme rigorose in materia di qualità, sicurezza e fabbricazione dei prodotti, nonché su pratiche commerciali responsabili che garantiscano la tutela dei giovani; la politica in materia di fumo elettronico dovrebbe promuovere l’innovazione e garantire che i fumatori e gli utenti delle sigarette elettroniche abbiano informazioni chiare e accesso ad alternative senza tabacco meno nocive”.

Oggetto e obiettivi principali dell’ICE

Mi pare che anche gli intenti contenuti nell’obiettivo principale siano chiari e condivisibili. Parlano di rigore scientifico, aspetto trascurato dall’attuale TPD2, di differenziazione dal tabacco e dai prodotti farmaceutici, di qualità, di sicurezza, di tutela dei giovani, di informazioni chiare e di accesso ad alternative senza tabacco meno nocive.

Come raggiungere questi obiettivi dipenderà, ovviamente, dalla scelta politica della Commissione e del Parlamento europeo, ma qualcuno ha manifestato la pretesa di leggere la soluzione del problema nel testo dell’ICE. Non funziona così. Chi propone un’ICE rileva un problema, motiva le perplessità e chiede una valutazione agli organi tecnici e politici. L’ICE non propone un testo di legge, a maggior ragione se chiede che nel nuovo contenuto normativo si tenga conto di prove scientifiche ed azioni facilitatrici che vanno ancora ricercate.

Arrivato a questo punto, mi sono chiesto il perché di così tanta fretta nel riconoscere l’ovvia differenza tra la sigaretta elettronica ed i derivati del tabacco, soprattutto dopo che l’attuale Governo italiano ha ridotto l’imposta del 90%, rendendo lo svapo economicamente più accessibile.
Il motivo è che una TPD3 è alle porte. Sia chiaro, una terza revisione della TPD non è ancora stata pubblicata, quindi, è perfettamente inutile andare a cercarla. Se la TPD3 fosse già stata scritta ed approvata, questa ICE sarebbe utile quanto chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati.

Da dove viene la certezza di una nuova revisione della TPD? Al di là di notizie più o meno attendibili, la risposta è da ricercare tra i lavori del Dipartimento Salute e Sicurezza Alimentare della Commissione europea.
I due lavori principali che riguardano i prodotti derivati del tabacco toccano gli aromi caratterizzanti e la tassazione.

Il primo lavoro titola “Determination of characterising flavours in tobacco products” ed è reperibile sul sito istituzionale dell’UE.
Questa particolare attenzione riguardo al tema aromi potrebbe comportare lo sviluppo e l’estensione a tutti i prodotti derivati del tabacco di pesanti restrizioni riguardo alla loro aromatizzazione. Per ora, i lavori parlano di sigarette (tradizionali) e tabacchi RYO, ma l’attuale assimilazione della sigaretta elettronica ai prodotti derivati del tabacco potrebbe causare la logica/illogica applicazione delle stesse restrizioni al settore vaping. Senza mezzi termini, sarebbe la morte dello svapo. Una sigaretta analogica priva di aromi sa di tabacco, ma un liquido per sigarette elettroniche sa di base neutra. Un provvedimento che mirasse senza distinguo a rendere meno attraenti tutti i prodotti derivati del tabacco, rischierebbe di orientare nuovamente molti vapers verso il consumo di tabacco combusto.

Il secondo lavoro mira ad elaborare una revisione della direttiva 2011/64/UE, relativa alla struttura e alle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato. Per questo lavoro, la Commissione europea ha incaricato la Economisti Associati di Bologna di effettuare uno studio che, tra i vari scopi, ha il fine di studiare gli effetti dell’armonizzazione del regime di tassazione in ambito UE delle sigarette elettroniche, dei riscaldatori di tabacco, del tabacco grezzo, dei tabacchi fine cut, dei sigarilli a basso costo e del tabacco per pipe ad acqua.
Restringendo il ragionamento al nostro settore, la tassazione dei liquidi per sigarette elettroniche verrebbe estesa a tutta l’UE e armonizzata. In altre parole, verrebbe fissato un minimo a cui gli Stati membri dell’UE dovrebbero adeguarsi, salutando per sempre future possibilità di adeguamento della tassa, come quello ottenuto dall’attuale Governo italiano, o di abolizione della stessa.
Persino l’estensione della tassazione ai tabacchi grezzi avrebbe effetti negativi sullo svapo, in quanto il tabacco grezzo è la materia prima utilizzata per la produzione degli aromi organici di tabacco, ma questo è un altro argomento.
Lo studio della Economisti Associati è reperibile in PDF sul loro sito e porta il titolo “Study on excise taxes on manufactured tobacco”.

Dettaglio dello studio “Study on excise taxes on manifatture tobacco” della Economisti Associati di Bologna

L’ipotesi di una TPD3 così stringente potrebbe sembrare impossibile, ma i lavori di Commissione sopra menzionati, per nulla casuali, e la serie di attacchi senza precedenti che il vaping sta subendo oltreoceano sono il segnale di un’imminente rottura degli ultimi freni inibitori, che condurrebbe ad un vera e propria forma di proibizionismo.

Procedendo nella lettura della descrizione dell’ICE, arriviamo alle fonti di sostegno e finanziamento. Qui si legge che hanno contribuito a finanziare l’iniziativa la Imperial Brands Brussels Office (10.000€), la Bündnis für Tabakfreien Genuss e.V. (8.000€), il Vapitaly (16.000€) e l’AIV – Asociatia Industriei De Vaping (1.200€).

Lista degli sponsor dell’ICE e relativa quota versata

In questa parte della descrizione è racchiuso il grosso della poleica, per cui un numero sconcertante di vapers si rifiuta di sottoscrivere l’ICE.
La prima della lista dei finanziatori è una multinazionale che incorpora i marchi Imperial Tobacco, Tabacalera, ITG Brands, Fontem Ventures e Logista. Non è un segreto quanto la Imperial Brands Plc sia impegnata nel commercio mondiale del tabacco e di altri prodotti, che includono alcuni degli strumenti di riduzione del rischio, come le sigarette elettroniche, che sono state sviluppate a seguito dell’acquisizione dell’azienda Nerudia, nel 2017. Nel sito ufficiale, la Imperial Brands Plc riporta “Our aim is to increasingly transition smokers to our Next Generation Product (NGP) portfolio; products that are significantly less harmful than combustible cigarettes” [Il nostro obiettivo è di incrementare la transizione di fumatori al nostro portfolio di prodotti di nuova generazione (NGP); prodotti che sono significativamente meno dannosi delle sigarette combustibili].
Certo, trovare tra i finanziatori di un’ICE pro-vaping una multinazionale di prodotti per fumatori può far storcere il naso, ma non si può gettare via il bambino con l’acqua sporca. La Imperial Brands Plc, tanto per capirci, è la proprietaria del marchio di prodotti per lo svapo Blu e ha tutto l’interesse che il settore vaping, su cui tanto sta investendo in acquisizioni e sviluppo, diventi un mercato forte, ben regolamentato e lanciato verso la crescita. Con questo, non voglio assolvere con formula piena un’azienda che vende veleni mortali, ma non voglio neanche perdere un’opportunità irripetibile a causa di un suo investimento nell’iniziativa, che comunque ammonta a meno di un terzo del totale.

Progetto “Next Generation Products” della Imperial Brands Plc

Mosé Giacomello, presidente di Vapitaly, la maggiore azienda finanziatrice, e rappresentante supplente dell’ICE, ha più volte rassicurato i vapers riguardo alla trasparenza dell’iniziativa e spiegato che la somma versata dalla Imperial Brands Plc, in data 8 ottobre 2018, ha permesso di acquistare quanto necessario a mettere in piedi la piattaforma https://www.vapingisnottobacco.eu.

Tuttavia, c’è ancora chi teme che la presenza di questo brand “scomodo” tra i finanziatori dell’ICE potrebbe influenzare in modo inaccettabile una futura regolamentazione del vaping, ma, a questo punto, è lampante la scarsissima informazione in materia di Diritto d’iniziativa dei cittadini europei.
Un’ICE mette semplicemente nero su bianco una proposta di cambiamento che parte dai cittadini europei. Attraverso l’ICE, i suoi finanziatori non possono trasformarsi in un gruppo di pressione (lobby). La Commissione ed il Parlamento europeo, una volta che l’ICE dovesse aver raggiunto il milione di firme e dovesse essere accolta con favore, non si appellerebbero ai suoi finanziatori e promotori per tradurre la proposta di cambiamento in norma. Non è così che funziona! Potrebbero farlo chiamando allo stesso tavolo le autorità scientifiche, gli operatori del settore e le associazioni dei consumatori, ma i finanziatori dell’iniziativa non godrebbero di alcuna prelazione.

Arrivando alla conclusione, ho scelto di firmare la petizione perché credo nella sua trasparenza, perché credo che la sigaretta elettronica non abbia nulla a che spartire con i derivati del tabacco e perché voglio che il vaping venga regolamentato da normative diverse da quelle del tabacco e basate su studi scientifici indipendenti, che tengano conto realmente delle prove d’efficacia. Pretendo che l’impiego della sigaretta elettronica non venga disincentivato da imposte assurde ed auspico che gli Stati membri dell’UE pongano il vaping sotto la tutela dei Ministeri della Salute, ancor più che di quelli dello Sviluppo Economico, e che intraprendano azioni facilitatrici riguardo all’accessibilità dei prodotti, sul modello di quelle già intraprese dal Regno Unito.
Ecco perché ho firmato e perché invito gli altri a farlo.


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